
Arriva il Safer Internet Day – la “giornata” promossa dalla Commissione Europea sui temi della sicurezza della Rete – e giungono dati e rilevazioni su quella che è ormai definita la “(De)generazione digitale”, dal titolo del fortunato libro di Roberto Alborghetti, Funtasy Editrice, già adottato in tante scuole italiane come guida e testo di studio sulla cittadinanza digitale.
Qui vogliamo presentare i risultati di due iniziative demoscopiche: quella di Telefono Azzurro, Italian Tech e SWG e quella di Istituto Piepoli e Moige.
LA RICERCA DI TELEFONO AZZURRO, ITALIAN TECH E SWG
Il 75% dei bambini tra i sei e i nove anni usa già uno smartphone. Percentuale che sale al 96% nella fascia d’età compresa tra i 10 e i 13 anni. Un terzo di loro lo fa in totale autonomia, lontano dallo sguardo dei genitori, che usano il parental control nel 36% dei casi. Una ricerca condotta da Swg per Italian Tech e Telefono Azzurro fa luce sull’uso dello smartphone da parte dei più giovani, analizzandone abitudini e rischi. Il risultato completo della ricerca sarà presentato domani 7 febbraio alla Camera dei Deputati in occasione del Safer Internet Day, promossa da Telefono Azzurro e Italian Tech, il verticale di approfondimento del Gruppo GEDI sulla tecnologia.
L’analisi di SWG rivela che 3 italiani su 5 ritengono che lo smartphone sia un’innovazione positiva. Uno strumento che nel complesso ci ha migliorato la vita. Convinzione più diffusa tra la Generazione Z (72%), ma che trova d’accordo anche la maggioranza degli adulti. Ma tante le preoccupazioni che riguardano la privacy e il rischio che l’uso dei device porti a un decadimento del benessere psichico. E per quanto riguarda la “nomofobia”, ovvero la paura di rimanere sconnessi e privi del proprio telefono, colpirebbe 2 italiani su 5 con un’incidenza maggiore tra i lavoratori e chi vive nelle grandi città.
L’abuso dello smartphone tra i giovani esiste ed è riconosciuto da tutte le generazioni. A cominciare dagli adulti. I giovani Gen Z (ovvero i nati tra la metà degli anni Novanta e gli anni Dieci) sono però divisi nel valutare il fenomeno: il 38% lo considera “una reazione eccessiva a un fenomeno che gli adulti non riescono a capire”, spiega la ricerca; quasi la stessa percentuale di quanti denunciano invece “un abuso tra i loro coetanei” (39%). Sempre secondo le fasce d’età più senior, l’allarme giovani riguarderebbe soprattutto la difficoltà nel socializzare e la capacità di esprimersi e argomentare.
Se lo smartphone possa considerarsi “come la cocaina”, riprendendo il paragone contenuto nella circolare del Ministero dell’Istruzione alle Scuole accompagnata da uno studio del Senato sugli effetti dannosi dello smartphone sui giovani, l’85% dell’opinione pubblica risponde che il problema esiste, ma è un errore pensare che sia solo dei giovani. Per due terzi il problema andrebbe ridimensionato e i giovani trattati con più rispetto. E forse dietro a queste parole c’è la paura del futuro che gli adulti non capiscono (55%, +11 tra i Gen Z).
I DATI DELL’ISTITUTO PIEPOLI E MOIGE
Il 22% dei minori supera le 5 ore al giorno connesso, il 63% si collega ad internet senza alcuna supervisione (nel 2021 era il 59%). Questo è quanto è emerso oggi nel corso dell’evento di presentazione dei dati dell’indagine “Tra digitale e cyber risk: rischi e opportunità del web”, realizzata dal MOIGE in collaborazione con l’Istituto Piepoli, che ha analizzato il rapporto dei minori con il web e i vari device intervistando 1.316 minori dai 6 ai 18 anni. L’evento è stato l’occasione anche per lanciare la VII edizione della campagna “Giovani Ambasciatori per la cittadinanza digitale contro cyberbullismo e cyber risk”, che coinvolge ogni anno migliaia di studenti, docenti e genitori.
Aumentano, purtroppo, gli episodi di bullismo e cyberbullismo. I minori vittime di prepotenze nella vita reale, o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020. Un incremento significativo, di ben 10 punti, che deve spingerci a riflettere. Per quanto riguarda il cyber bullismo, il 31% dei minori ne è stato vittima almeno una volta,contro il 23% del 2020.
Il fenomeno sembra interessare più i ragazzi delle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%). Nel 42% si tratta di offese verbali, ma sono frequenti anche violenze fisiche (26%) e psicologiche (26%). Nel caso del cyberbullismo,invece, il 14% ha subito scherzi o telefonate mute, l’11% ha ricevuto insulti tramite messaggi istantanei, il 10% tramite SMS, il 3% tramite foto o video e, addirittura, il 2% ha ricevuto minacce. In queste circostanze, il sentimento più diffuso è la solitudinee il sentirsi isolato (28%), seguito dalla rabbia (27%) e dalla paura (25%).
Il 34% dei minori che hanno partecipato allo studio conosce qualcuno che è stato vittima di prepotenze (nel 2020 erano il 29%). Il 10%(+3%) ammette di aver preso parte ad episodi di prepotenza, il 6% ha usato foto o video per offendere altre persone. Un preoccupante 53%(+15% rispetto al 2020) dice di prendere abitualmente in giro uno o più amici, ma che lui/loro sanno che lo fa per scherzare.
Il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette se intraprende un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, ma questo non sembra un deterrente. Un 26%, invece, dichiara di non saperne nulla della gravità del reato.
Intervistati, con risposte multiple, sui motivi che spingono ad avere comportamenti di prepotenza o di bullismo nei confronti degli altri, il 54% indica il body shaming. Mentre tra i motivi che spingono i bulli ad agire in questo modo, il 50% afferma che così dimostra di essere più forte degli altri, il 47% sidiverte a mettere in ridicolo gli altri, per il 37%il bullo si comporta in questo modo perché gli piace che gli altri lo temano.
Ma come si comportano se assistono ad episodi di bullismo? Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a queste situazioni, solo il 34%risponde “aiutano la vittima”, un dato che nel 2020 era il 44%. Un calo drastico, che forse potrebbe essere spiegato con una minore empatia sociale dovuta al distanziamento sociale e al lockdown, che ha impedito ai minori di intessere relazioni profonde. Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46%contro il 40% del 2020). Un 7%, però, dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nullaper fermare le prepotenze.
Dati alla mano, lo studio ci rimanda un’immagine di una generazione sempre più iperconnessa (al 15%dei minori capita sempre o spesso di rinunciare ad ore di sonno per stare di più su internet), che però, dato interessante non sta sostituendo le relazioni nel mondo reale con quelle virtuali. L’89% degli intervistati dichiara di avere più amici nel mondo reale(nel 2020 erano l’81%) e diminuisce il numero di chi fa nuove conoscenze online sempre o spesso (22% contro il 26% del 2020).
I social più utilizzati sono YouTube, Instagram e Tik Tok, dove il 68% dichiara di essere molto o abbastanza attivo. Il 69% dichiara di usare spesso o sempre la vera identità, preoccupa il 30% che accetta spesso o sempre anche amicizie da estranei, ed ancora più grave il 15% che ha dato il proprio numero di cellulare ad estranei conosciuti online e il 6%ha, addirittura, scambiato foto personali con loro. Il 3%, purtroppo, ha subito phishing, il 13% dichiara di essersene accorto per tempo. Tra le vittime, 2 su 3 non hanno denunciatoper vergogna (9%), paura dei genitori (9%), timore di essere preso in giro (4%) o altro (78%).
Internet viene utilizzato principalmente per chattare (70%, contro il 60% del 2021), e il 69%degli intervistati dichiara che l’idea di stare un giorno intero senza internet lo fa sentire molto o abbastanza arrabbiato. Per il 17% dei minori internet è l’unica fonte di informazione, per gli altri, la fonte principale sono i genitori o altri adulti (52%) o la tv (23%). Più della metà dei minori (53%) ritiene che ciò che si legge online sia poco attendibile.
Nell’indagine di quest’anno sul rapporto dei minori con il web, è stato inserito un capitolo espressamente dedicato a Onlyfans. Nonostante sia vietata l’iscrizione ai minori di 18 anni, il 3% degli intervistati ammette di avere un account personale, percentuale analoga viene rilevata anche nella fascia d’età 11-14 anni, e l’1%degli intervistati ha condiviso online materiali. Del resto, la rete sembra essere poco attenta ad evitare che i minori abbiano accesso a contenuti a loro vietati. Il 21% dichiara di visualizzare sempre o spesso contenuti per adulti, solo il 21% lo fa raramente. Alla domanda se, in caso di navigazione su siti vietati, sia stato chiesto loro di essere maggiorenne prima di consentire l’accesso, l’83% ha risposto di no.
L’ha ripubblicato su MI-LI-BRO.